Benvenuti nel sito-blog dedicato a Perfetto, il primo libro de La Trilogia di Lilac.
Qui troverete tutte le info riguardanti la storia, i personaggi, i luoghi di Perfetto.
Nella sezione La Tecnologia, scoprirete quali sono stati i miei spunti per la creazione del mondo di Lilac, mentre nella sezione Extra troverete la playlist, nuovi capitoli e tante altre chicche.

C'era una volta... (La Trilogia di Lilac #0.9)

Il secondo contenuto extra riguarda ciò che accade prima del capitolo 1 di Perfetto.
Buona lettura.




“Ti va di raccontarne un'altra?”

Non so quando questo è diventato il nostro nuovo rito. So, però, che ne sono diventata dipendente in fretta.
Baguette è brava nel raccontare storie. Alcune le inventa, alcune (quelle per il cui ascolto mi sento più in colpa) le riporta dai libri proibiti che prende a casa di Rose Johnson.
La sua voce cambia, quando inizia a raccontare. Diventa più bassa, più calma.
Mi piace ancora di più.
L'ascolterei per ore, immaginando i volti dei personaggi che descrive, i luoghi in cui non siamo mai state e le vicende più strane, più divertenti, più elettrizzanti.
Lo chiamiamo il nostro nuovo rito perché tutto avviene seguendo determinati passi. Quando Baguette racconta una storia, siamo entrambe sdraiate sul suo letto, ad osservare il soffitto dipinto a strisce bianche e azzurre. Lei sistema la testa sul braccio che ha piegato sotto la nuca, e io mi giro a guardarla ogni tanto, per osservare il suo viso e i suoi occhi.

Oggi i racconti non erano in programma.
Sono venuta qui per leggerle la bozza finale del discorso per il diploma, ma quando mi ha accolta in casa lo ha fatto con il naso immerso in un libro (uno di quelli vecchi, di carta), dicendo, senza neppure guardarmi: “Mi mancano trenta pagine, ci parliamo alla fine. Entra.”
Mi ha guidata in camera sua, mi ha indicato distrattamente la poltrona sulla quale mi siedo sempre e si è lanciata con la schiena sul letto per continuare a leggere.
Siamo rimaste così per quarantacinque minuti. Lei a leggere, io ad osservarla rapita come mai prima d'ora.
Quando ha chiuso il libro, si è messa a sedere, lo ha stretto al petto, ha scostato i capelli biondi dal viso e ha sussurrato: “Ho appena letto la storia più bella del mondo. Devo raccontartela. Dall'inizio alla fine. Vieni qui,” ha detto, battendo una mano sulla coperta, accanto a sé.
E così ci siamo distese, e per quasi un'ora l'ho ascoltata parlare di una donna che è stata separata dal figlio alla nascita e ha trascorso il resto della sua vita cercando di ritrovarlo. Quando ci è riuscita, ha scoperto che il bambino, ormai uomo, aveva una nuova madre, una nuova famiglia, e non aveva intenzione di separarsene per seguire quella che, per lui, era una perfetta sconosciuta.
Alla fine del racconto, ho fatto a Baguette le solite domande che fanno parte del nostro rito. Chi ha scritto il libro? Quando? Com'era l'autore (in questo caso l'autrice)? Ha scritto altri libri? Perché ti è piaciuto così tanto?
Non so perché (e, francamente, preferisco non pensarci), ma quando parliamo di libri, le mie remore rispetto agli oggetti e agli argomenti proibiti svaniscono. Non so se è merito di Baguette e della sua voce ipnotizzante, o se la mia curiosità è più forte del timore di essere scoperta, ma quando sono distesa ad un palmo da lei, non ho poi così tanta paura a chiedere. Ad espormi.
A volte devo frenare le domande. So che Baguette risponderebbe più che volentieri, parlandomi di quella parte del passato che ha imparato a conoscere grazie alla signora Johnson. Il problema è che temo di non riuscire davvero a fermarmi. Di cadere in quella spirale del proibito di cui non posso e non voglio far parte.
Tuttavia, oggi ho ceduto.
E' per questo che ora osservo Baguette con gli occhi larghi, in attesa che risponda alla mia domanda.
“Un'altra storia? Vuoi che ne racconti un'altra?”
“Sì,” rispondo, e nel farlo, nel guardarla negli occhi, spero silenziosamente che accetti.
“D'accordo,” dice annuendo. “Fammi pensare.” Unisce le labbra in una linea pallida e abbassa le palpebre, muovendo i piedi ritmicamente. Rimane così per un lungo minuto. “Ok, trovata. Pronta?” Apre gli occhi e mi guarda.
“Pronta.”
“C'è questa ragazza. Il suo nome è Margot.”
“E' un racconto biografico?” chiedo sorridendo.
“Forse. Margot vive da sola in una piccola casa. Ha un lavoro modesto, che le permette di fare una vita tranquilla. Ha un mucchio di passatempi, e un'amica speciale.”
“L'amica si chiama Lilac, vero?”
“Vero,” risponde lei, la voce sempre bassa e calma.
“Bene. Abbiamo le due protagoniste. E poi? Cosa succede a Margot e Lilac?”
Baguette si bagna le labbra con la punta della lingua prima di continuare. “Lilac sta per diplomarsi e iniziare a lavorare. Il suo sarà un lavoro diverso da quello di Margot. Più prestigioso, più importante. Margot sa che Lilac merita il lavoro che ha ottenuto studiando duramente, ed è convinta che lo svolgerà al meglio, perché la conosce, e sa che Lilac è brava in ogni cosa che fa.”
Mi giro verso di lei, ma non la trovo a guardarmi. Baguette sta osservando il soffitto.
“Margot è felice per Lilac, però non può fare a meno di temere che, una volta iniziato il lavoro prestigioso, si accorga che Margot non è poi così speciale come sembra. Che i suoi passatempi, in fondo, sono solo sciocchezze, mentre i passatempi delle sue nuove colleghe sono interessanti e, soprattutto, legali. Margot teme che Lilac possa stufarsi di lei e decidere da un giorno all'altro che il suo lavoro e le sue colleghe siano molto più interessanti di lei e dei suoi racconti inventati. Margot non vuole che ciò accada, perché senza Lilac, si sentirebbe persa. Margot sa che la sua vita quotidiana non è importante o prestigiosa come quella di un'insegnante, ma spera che Lilac non se ne accorga. O che scelga di continuare ad esserle amica nonostante questo.”
Baguette si ferma, ed è solo allora che si gira verso di me.
I suoi occhi sono lucidi.
“Pensi davvero queste cose?” chiedo in un respiro.
Lei non risponde, ma scrolla le spalle.
“Baguette? Davvero?”
Sposta lo sguardo verso il soffitto, e usa la mano sinistra per coprirsi gli occhi, come per nascondersi.
Mi giro sul fianco con un movimento rapido, allora. Appoggio la testa sul palmo della mano, e uso quella libera per scostare la mano dai suoi occhi. Non la lascio andare, ma intreccio le dita con le mie.
“C'è questa ragazza,” dico lentamente. “Il suo nome è Lilac.”
Baguette prova a sorridere, ma sembra quasi che si stia sforzando per mostrarsi tranquilla.
“Lilac vive con la nonna in una casa troppo grande per due donne, sta per diplomarsi, e ha un'amica molto speciale.”
“Che si chiama Margot?” chiede lei dopo essersi schiarita la voce.
“No,” rispondo convinta. “Si chiama Baguette. Lilac è giovane, ma ha già un mucchio di dubbi, di paure. Riuscirà a ricordare il discorso che ha preparato? Sarà in grado di brillare durante la cerimonia per il diploma, come si aspettano da lei tutte le insegnanti? Sarà, a sua volta, una brava insegnante? Le bambine penseranno che è simpatica e preparata, oppure la detesteranno? Lilac non riesce a trattenere i dubbi, né a trovar loro risposta. A volte è come se fossero un peso così grande da impedirle quasi di respirare. Lilac ha un punto di forza, però. La più grande certezza della sua vita.”
Quando continuo, la voce è talmente bassa che credo lei non possa sentirmi. “Sai come si chiama quel punto di forza?”
Lei stringe le mie dita, ma fa segno di no con la testa.
“Sei tu, Baguette. Io so che posso contare su di te, sempre. E lo stesso vale a parti invertite. Pensi davvero che potrei mai stancarmi della nostra amicizia? Pensi davvero che il nuovo lavoro possa farmi allontanare da te?”
Non dice nulla, ma scrolla di nuovo le spalle.
“Mai,” dico con un filo di voce. “Mai, Baguette.”
“Sarebbe normale,” sussurra. “Non te ne farei una colpa, Lilac. Voglio che tu lo sappia. Non ti porterei rancore.”
“Ti ho appena detto che sei il mio punto di forza,” dico, sforzandomi di rimanere calma perché il suo discorso sembra quasi rassegnato, e non mi piace che Baguette si senta rassegnata su una cosa del genere. “Perché pensi queste cose? Perché dovrei allontanarmi da te?”
Quando rimane in silenzio, scuoto la sua mano: “Baguette, parlami.”
“Mia madre diceva sempre che le amiche ti lasciano. Si allontanano, oppure ti scacciano. Accade sempre.” Inspira ed espira due volte prima di andare avanti. “Diceva che è normale, soprattutto dopo il diploma.”
“Forse lo è,” dico, avvicinandomi di più a lei, “ma non per noi. Io non voglio allontanarmi, io voglio continuare ad esserti amica.”
Baguette mi guarda dritto negli occhi. I suoi sono chiari, limpidi. Sempre accesi di energia. In alcuni casi, però, è come se un velo di tristezza scendesse su di essi. E quando, nonostante quel velo, si sforza di ridere come fa ora, so che mi sta nascondendo qualcosa.
“Che c'è?” dico, accarezzandole i capelli. “Cos'è che non mi dici?”
Le sua mano è nella mia. Uso il pollice per sfiorarne il dorso.
“Quando inizierai ad insegnare, e avrai tante nuove colleghe attorno, io penso che... No, io sono convinta che loro ti-”
La sua voce si blocca quando il telefono inizia a squillare. Baguette chiude gli occhi e sospira, prima di rotolare sul letto fino al comodino per rispondere.
“Sì, Rose? Certo, me ne ricordo. Alle cinque, certo.” Pausa. “Sì, l'ho finita questa mattina, è molto carina.” Si volta a guardarmi per un momento, mentre la signora Johnson le parla a voce così alta che anch'io riesco a sentirla. “D'accordo,” continua Baguette, controllando l'orologio che ha al polso. “Fra quaranta minuti sarò lì. A più tardi.”
Interrompe la comunicazione in silenzio, e in silenzio rotola fino a tornare al mio fianco. Sistema i capelli dietro le orecchie, e unisce le mani sullo stomaco. Io la guardo dall'alto, con la testa appoggiata sul palmo. “Vai avanti,” dico, evitando di chiederle cosa volesse La Vecchia. “Sei convinta che le mie nuove colleghe...?”
Baguette impiega qualche secondo per rispondere. “Penso che loro saranno più interessanti di me,” dice, e sembra quasi che lo faccia meccanicamente. “Tutto qui,” aggiunge, prima di passarsi le mani sul viso. “So che non hai intenzione di allontanarmi, Lilac. So che il nostro rapporto non cambierà.”
“Ne sei convinta?” chiedo. “Davvero?” Scruto i suoi occhi alla ricerca del velo, ma non lo vedo. “Perché a me non importa se e quanto potranno essere più interessanti le mie colleghe. A me importa di te.”
“Sì,” dice. Sorride. “Lo so. Scusa se mi sono fatta prendere dal panico. A volte la mia mente ragiona male.”
“A volte?” dico, sollevando le sopracciglia.
Lei ride. Rido anch'io.
Poi controlla l'orologio. “Fra mezz'ora devo essere a casa di Rose, e tu hai un discorso da farmi ascoltare per la millesima volta, o sbaglio?”
“Sì,” rispondo, “ma prima dimmi che è tutto ok. Che non pensi davvero quelle cose.”
Appoggio la mano sui suoi capelli per costringerla a guardarmi di nuovo negli occhi.
“E' tutto ok, Lilac,” dice con sincerità. “Giuro.”
“Va bene.” Mi chino su di lei per darle un bacio sulla guancia. “Vado a prendere il tablet. Ho apportato delle modifiche. Voglio il tuo parere.”

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